Auto di carta


Quando da bambino i miei genitori mi portarono a Londra, mi colpí soprattutto una cosa: che per le strade circolassero dei grandi Dinky Toys. (foto 1)
Il fatto è che allora gli orizzonti motoristici italiani erano molto limitati, e fondamentalmente autarchici. Le automobili straniere non erano molto diffuse. Ma lo erano i giocattoli corrispondenti, che noi bambini conoscevamo benissimo, anche se spesso solo virtualmente. Per i nostri genitori una Riley Pathfinder o ad una Triumph Saloon erano degli oggetti misteriosi, mentre noi, avendo ben presenti i rispettivi Corgi e Dinky, le avremmo identificate a colpo sicuro. Avevamo esperienza soprattutto di automezzi britannici, perchè i modellini di automobili e dintorni venivano quasi tutti da oltre Manica.Ai vari Dinky, Corgi e Matchbox, nelle vetrine dei nostri negozi si contrapponeva solo la torinese Mercury. I Solido - che già da tempo spopolavano in patria, da noi arrivarono più tardi. Le frontiere pre UE erano una cosa seria, e a quell'epoca si andava in vacanza, quando ci si andava, a Rimini o a Fregene, mica a New York. Ragion per cui, i Tootsie americani, come i Tekno danesi, i CIJ francesi e molti altri ancora, che pure esistevano, era come se non ci fossero. (foto 2) Di quelle marche da noi non si trovavano neppure i cataloghi. Ed erano i cataloghi, con i fumetti, a formare le basi culturali dei bambini dell'Italia pre-boom.
Parenti prossimi ed educatori vari combattevano una battaglia persa in partenza: la cosiddetta letteratura per l'infanzia non veniva degnata, nel suo pur rispettabile complesso, che di una trascurabile frazione del tempo dedicato a Topolino, Tex, l'Intrepido e soprattutto allo studio minuzioso e appassionato degli opuscoli che ritraevano le "macchinine".
Oggi i pargoli contemporanei desiderano (e di conseguenza chiedono, e ottengono) i giocattoli che vedono in Televisione. Noi bramavamo, e chiedevamo, ma NON ottenevamo, ciò che era illustrato sui cataloghi. Allora si andava col contagocce: non si era ancora consolidato quel trend natalizio che dalle arance dei nostri nonni è arrivato alla playstation dei nostri nipoti. Anzichè trovarli tutti d'un colpo sotto l'albero, noi i Dinky Supertoys ce li sognavamo. Letteralmente. Giocavamo con le poche automobiline che avevamo, ma passavamo ore a studiare le tante che ci mancavano, illustrate sui pieghevoli che si potevano rimediare nei negozi di giocattoli. (foto 3)
La nostra cultura motoristica nasce da lí. E qualche volta è finita lí. Per esempio, una Cisitalia di F1 a motore centrale che non fosse quella in scala 1/40 della Mercury, chi l'ha vista mai? Per forza, mi direte, era un prototipo... Va bene, ma allora, una Cunningham o una ACE Aceca? E una Bristol? Chi ha da tempo superato il mezzo secolo provi a ricordare: quanti anni dopo quella gialla con l'omino vestito di marrone al volante, gli si è materializzata di fronte una Cadillac Eldorado vera? Diciamoci la verità: anche oggi, se ci capita di vedere una vecchia Flavia Coupè, il pensiero torna a quella nella scatolina rossa e celeste. Quella con quattro-aperture-quattro e le valigie nel portabagagli e gli sci sul tetto. Noi, che siamo diventati vecchi e non adulti, ci emozioniamo per le automobili vere solo quando ci ricordano un corrispondente giocattolo della nostra infanzia, concretamente o virtualmente posseduto. Di fronte ad una Bentley Continental o una Mercedes 220 coupè saremmo capaci di pigiare su un parafango anteriore per vedere se le ruote sterzano!
Di un'Alfa 1900 o di una Morris Minor ci disturbano parabrezza, lunotto e finestrini, che però ci vanno bene su un'Appia terza serie o su un'Aston Martin DB4. Avessimo la ventura di incappare in una Buick Riviera, controlleremmo se al posto dei fari monta due Koh-i-noor, e in un dumper Euclid cercheremmo la manovella per sollevare il cassone.
Questo cortocircuito cerebrale è ben spiegato da Lillian Gottschalk nella prefazione al suo monumentale libro "American Motor Toys". "Ho notato - riflette la past-president di Antique Toy Collectors of America - che i collezionisti di auto d'epoca espongono, nelle loro abitazioni, modellini di automobili, spesso gli stessi con i quali giocavano da piccoli. Quando erano bambini giocavano coi modelli e guardavano le auto vere, ora giocano con le auto vere e guardano i giocattoli".
Sante parole, Signora. Pertanto, quando mi vede passare per strada con la mia Mercedes 230 SL del '66, non si meravigli se faccio vroom-vroom con la bocca...

Der Spielehüter